Cacciatore Bianco, Cuore Nero (1990)
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l carismatico regista americano John Wilson sta per iniziare le riprese di un importante film in Africa che gli consentirà di saldare i debiti che ha accumulato. Si tratta di una costosa produzione, con attori di fama mondiale, che richiederà un notevole impegno. Wilson è un uomo geniale e violento, amante dell'avventura, e capace sia di gesti generosi che di crudeltà. Il produttore Paul Landers lo sollecita a iniziare il lavoro al più presto, e sta per raggiungerlo in Africa con gli attori e tutta la troupe. Wilson si trova già sul posto per cercare i luoghi adatti agli esterni, insieme al giovane soggettista e amico Pete Verrill, col quale dovrebbe ultimare e correggere il copione, ma in realtà in questo momento al regista interessa pochissimo il film, perchè egli, cacciatore appassionato, è ossessionato dal desiderio di uccidere un grande elefante africano.
Cacciatore bianco, cuore nero è stato accolto dalla critica nel seguente modo: sull'aggregatore di recensioni Rotten Tomatoes il film ha ottenuto un punteggio medio del 86% sul 100%, su Metacritic ha invece ottenuto un voto di 66 su 100 mentre su Imdb il pubblico lo ha votato con 6.5 su 10
Per vedere con occhio diverso \"Cacciatore bianco cuore nero\" credo si debba conoscere il film di John Huston \"La regina d'Africa\", allora si colgono le tinte dei caratteri dei personaggi, colori identici a quelli dei panorami africani: a volte dolci sfumature e a volte violenti contrasti. Eastwood riesce ad ottenere molta espressività con delle semplici inquadrature, ed il suo granitico volto racconta storie passate e mai dimenticate.
Attore statunitense. Discendente da una famiglia di origini irlandesi, si dedica inizialmente all'attività teatrale e partecipa ad alcuni serial televisivi. La prima parte di rilievo nel cinema è quella di uno spietato killer nel western di L. Kasdan Silverado (1985). È a fianco di T. Russell in Doppia identità (1989) di S. Locke e nel ruolo dello sceneggiatore P. Viertel in Cacciatore bianco, cuore nero (1990) di C. Eastwood. Intenso protagonista di Il tagliaerbe (1992), film sulla realtà virtuale di B. Leonard, è di nuovo diretto da L. Kasdan in Wyatt Earp (1994), accanto a K. Costner. Nel 2007 è diretto da R. Rodriguez in Planet Terror.
Il naufragio dell'esistenza. A volte ci si sente persi, esiliati, senza dimora, esposti alla vita, mancanti al mondo, agli altri e a se stessi, inquieti per la troppa assenza alla propria intimità, erranti e all'incessante ricerca di qualcosa: un gesto che possa essere partecipe del nostro esser(ci), uno sguardo in cui ci si possa riconoscere/riflettere; o una traccia che possa ancora farci sentire la presenza di qualcosa/qualcuno (per sempre) assente. Così le nostre emozioni hanno un continuo movimento verso l'esterno, un andare e un tornare della nostra anima, del nostro corpo, un tentativo di offrirsi all'esistente nello sforzo mai compiuto/compreso di dare continuità, completezza al percorso vita. Siamo presenti singolarità accoglienti ossessioni, passioni, desideri, paure e fragilità; e per quanto l'occhio si sforzi di trovare nuovi domini nella regione deserta del cuore, tutto torna a sfuggire e l'essere ad apparir(ci) come frantumazione, proibizione di ogni dimora, disseminazione, di ciò che si vuole fissare, una volta per tutte, privandolo dell'inquietudine del tempo, affascinante i corpi col suo passare, e del nostro consapevole e (in)significante peccare. Cacciatore bianco, cuore nero è il tentativo riuscito, da parte di Clint Eastwood, di una condensazione dello sguardo, di uno sguardo che sappia riacquistare il valore del vedere (non è un caso che qui Eastwood metta in scena se stesso come regista), del vedere il (proprio) mondo, in cui smarrirsi, perdendo certezze e sicurezze, per potersi ritrovare, uno sguardo capace di confessare la propria fallibilità come possibilità altra o un'altra possibilità di essere ancora con/per la vita, uno sguardo che sappia incidersi, farsi corpo, carattere, (an)negante nella/la finitudine dell'esistere, il nostro non poter non essere tra un inizio e una fine, perché non c'è vita senza morte; ogni felicità è congiunta al dolore, ogni realizzazione al rischio e alla perdita. Così Eastwood è capace di filmare l'amore per la vita e per i corpi, il naufragio dell'esistenza che in sé e da sé non si lascia contenere, tutto in una scrittura filmica in cui ci si ritrova, ci si riconosce, ci si raccoglie, lasciando che le immagini si facciano da sole, davanti agli occhi, in vista della riappropriazione, nella paraousia, nella presenza a sé dei corpi vis(su)ti.
Si intitola Cacciatore bianco, cuore nero ed è un film drammatico, distribuito nelle sale cinematografiche a partire dal 1990, diretto da Clint Eastwood e che verrà trasmesso mercoledì 15 febbraio 2023 in prima serata alle ore 21.00 su Warner TV. Vi sveliamo il cast, la trama e qualche piccola curiosità su questo film.
Nel cast del film Cacciatore bianco, cuore nero, troviamo la presenza dei seguenti attori: Clint Eastwood, Jeff Faney, George Dzundza, Timothy Spall, Mel Martin, Charlotte Cornwell, Marisa Berenson, Alun Armstrong.
E' Cacciatore bianco cuore nero un film facile ma per dirla con aggettivo semigergale, godurioso. Di quelli che offrono agli spettatori in cerca di evasione molte cose con cui divertirsi: star e bei costumi, spettacolo e humour, una storia che si sposta disinvoltamente dai castelli inglesi alla savana africana, allusioni alla storia del cinema e cinema nel cinema, oltre a una giusta dose di intelligenza e di pettegolezzo. E se si farà ricordare, non sarà per l' ossessione citata nel sottotitolo (a caccia di un' ossessione), ma soprattutto per il gusto voyeuristico e curioso che si prova nel vedere in scena i personaggi celebri incarnati da altri personaggi celebri. In questo caso Clint Eastwood, che rifà niente po' po' di meno che il grande John Huston. Attenzione, perché se la storia dentro il film è semplice e si lascia guardare senza istruzioni per l' uso, la storia dietro il film è lunga e complicata, ma contribuisce al divertimento. All' inizio di tutto c' è un film mitico, La regina d' Africa, di John Huston. A scriverlo con Huston, dopo una turbinosa collaborazione con James Agee, è stato Peter Viertel, attualmente tranquillo gentiluomo settantenne sposato a Deborah Kerr, in passato sceneggiatore di sentimenti hemingwayani, come dimostra il fatto che ha scritto, tra l' altro, Il sole sorgerà ancora e Il vecchio e il mare. A un anno giusto dall' uscita di La regina d' Africa, nel 1953, Viertel pubblicò un libro da un po' di tempo introvabile, attualmente ristampato dalla Penguin che, sotto il titolo White Hunter Black Heart, raccontava la storia della preparazione del film. E parlava dunque di un regista di nome John Wilson, che si prepara a fare un film africano di cui sono protagonisti una barca scalcinata e due star di Hollywood. Wilson è un uomo violento, dedito ad azioni violente, con una spietata tendenza all' autodistruzione e una miracolosa capacità di cascare in piedi. Come se non bastasse, è un alcoolista e un arrogante, ma è anche genuinamente avventuroso e geniale (nel libro si autodefinisce make of magic, creatore di magie, esattamente come lo descrive il titolo della biografia del vero John Huston firmata da Stuart Kaminski). John Wilson è ossessionato dal desiderio di abbattere un elefante. E qualsiasi altra cosa donne, film, impegni è condizionata da quest' ossessione. Di quest' ossessione non v' è traccia, in verità, nell' autobiografia di Huston, che, semmai, desiderava ardentemente dare la caccia a un leopardo: finché qualcuno non gli raccontò sulla caccia al leopardo una storia così agghiacciante da fargli accantonare per sempre l' idea. Non c' è dubbio che il John Wilson del libro di Viertel (e del film che, su sceneggiatura di Viertel, ha tratto Clint Eastwood, ritagliandosi com' è ovvio il ruolo del protagonista) sia John Huston: vitalista, hemingwayano, scialacquatore (di denari non suoi). Un mascalzone pieno di sé, che crea la gente e la distrugge, come diceva di lui e di se stesso il suo amico Orson Welles, accomunato nella sindrome protagonistica del suo destino di regista-attore. Le cronache del cinema registrano che, dopo un' iniziale freddezza, il ritratto che di lui aveva fatto l' amico Viertel (che nel film si fa interpretare, sotto il nome di Pete Verrill, da Jeff Fahey) non dispiacque al protagonismo di John Huston, che raccomandava la lettura di White Hunter Black Heart agli amici. Anche perché Viertel mette in bocca a Wilson-Huston alcune gustose battute, che gli danno un' aura di eterno ribelle anticonformista. Lo vediamo mandare al diavolo i produttori (la vittima Sam Spiegel, interpretato da Norman Lumsdel), pronunciare alcune memorabili sentenze in materia di filosofia e pratica del cinema, fare la difesa d' ufficio di Hollywood, insultare abilmente una signora antisemita, scazzottarsi con un direttore d' albergo razzista, incantarsi davanti agli elefanti, trattare la sua guida africana da fratello. Clint Eastwood ci dà dentro con un' imitazione più meticolosa che matura dei modi, dell' andatura, dei sigari di Huston. Imitazione che per metà del film, per quanto simpatica, è fastidiosa, e per la seconda metà, quando il cowboy Eastwood e il cacciatore bianco Huston finalmente coincidono, funziona assai bene. Ha in compenso l' intelligenza di non insistere nel gioco delle identificazioni e del cinema nel cinema. Marisa Berenson, che incarna Katharine Hepburn (e che non le assomiglia e non si prova ad assomigliarle) e Richard Vanstone (che porta a spasso la barba lunga e l' eterna sigaretta di Bogart) sono solo dei figuranti che passano sullo sfondo di un film piacevole e leggero, di cui va assolutamente proibita la visione ai giovani registi a costo che si montino la testa, e che è più un gioco divertente che la cronaca di una magnifica ossessione. Quanto a the making of the African Queen, il mito di quel set resterà tale. Per fortuna sua e nostra, Eastwood si ferma ai primi ciak. ai cinema Holiday di Roma e Mediolanum di Milano 59ce067264
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